
Non vi lascerò orfani è un titolo che va dritto al cuore ed è la storia della famiglia Bignardi. Forse non è un caso me l’abbia messo tra le mani mio figlio, ma preferisco pensare lo sia.
Non intendo dilungarmi sulla storia, così come non intendo parlare a lungo del dolore e delle scoperte che ogni perdita porta con sé.
Ciò che ho apprezzato non sono stati i dettagli genealogici e i fatti di cui furono protagonisti gli avi, ma lo sguardo dell’autrice, che è nuovo: prima ripensa e rivive il rapporto con la madre dagli anni dell’infanzia fino alla fine, tra le difficoltà del comprendersi e accettarsi, l’affetto, i litigi, e poi riemerge nel presente e si rivolge ai suoi di figli: li immagina senza di lei. Ecco, qui ci si commuove, per l’attenzione e la dolcezza con cui descrive cosa desidera accada.

Mi par di sentire la voce di Daria Bignardi mentre parla ai suoi figli, che sono figli di padri diversi, e che sono fratelli e che dovranno poter continuare a insieme.
La lettura mi ha trasmesso un senso di ordinaria e vitale delicatezza, e ha radicato in me l’idea è che ogni storia famigliare è originale e ha qualcosa di unico da raccontare, perché è composta da individui unici, che si assomigliano tra loro, cambiano e invecchiano. Per questo mi piace definirla un quotidiano andirivieni di perdersi, aversi e ritrovarsi, dove assenze e presenze si combinano tra loro e con la storia delle altre famiglie come infiniti pezzi di un puzzle.
*In effetti è così: Daria Bignardi, e in particolare il suo modo a mio avviso unico di condurre le interviste, con quella coinvolgente semplicità, che è solo sua e che va dritta alle azioni e alle emozioni e che lascia spazio all’interlocutore in una sinfonia di battute che raramente fuoriescono da toni cortesi, io l’ho amato da sempre. E l’ho preso spesso da esempio.