Non vi lascerò orfani, parola di Daria Bignardi

Questo post è dedicato a chi si ritrova, ogni giorno, “in famiglia”, che sia biologica o vissuta come tale. 

Ho impiegato cinque giorni a leggere un libro non recente, Non vi lascerò orfani di Daria Bignardi (Mondadori, 2009). Me l’ha regalato qualche settimana fa Niccolò, il mio figlio maggiore, che ha otto anni e che è più abituato a vedermi per casa con in mano due o tre libri piuttosto che qualche arnese da cucina. Quando me l’ha portato incartato era emozionato e trepidante e ha tenuto a precisarmi era stato in libreria con la nonna, ed era stata lei a spifferargli che l’autrice piace tantissimo alla mamma*

 

D. Bignardi, Non vi lascerò orfani, Mondadori 2009, p.12

Non vi lascerò orfani è un titolo che va dritto al cuore ed è la storia della famiglia Bignardi. Forse non è un caso me l’abbia messo tra le mani mio figlio, ma preferisco pensare lo sia.

Non intendo dilungarmi sulla storia, così come non intendo parlare a lungo del dolore e delle scoperte che ogni perdita porta con sé.

Ciò che ho apprezzato non sono stati i dettagli genealogici e i fatti di cui furono protagonisti gli avi, ma lo sguardo dell’autrice, che è nuovo: prima ripensa e rivive il rapporto con la madre dagli anni dell’infanzia fino alla fine, tra le difficoltà del comprendersi e accettarsi, l’affetto, i litigi, e poi riemerge nel presente e si rivolge ai suoi di figli: li immagina senza di lei. Ecco, qui ci si commuove, per l’attenzione e la dolcezza con cui descrive cosa desidera accada.

D. Bignardi, Non vi lascerò orfani, Mondadori 2009

Mi par di sentire la voce di Daria Bignardi mentre parla ai suoi figli, che sono figli di padri diversi, e che sono fratelli e che dovranno poter continuare a insieme.  

La lettura mi ha trasmesso un senso di ordinaria e vitale delicatezza, e ha radicato in me l’idea è che ogni storia famigliare è originale e ha qualcosa di unico da raccontare, perché è composta da individui unici, che si assomigliano tra loro, cambiano e invecchiano. Per questo mi piace definirla un quotidiano andirivieni di perdersi, aversi e ritrovarsi, dove assenze e presenze si combinano tra loro e con la storia delle altre famiglie come infiniti pezzi di un puzzle.

*In effetti è così: Daria Bignardi, e in particolare il suo modo a mio avviso unico di condurre le interviste, con quella coinvolgente semplicità, che è solo sua e che va dritta alle azioni e alle emozioni e che lascia spazio all’interlocutore in una sinfonia di battute che raramente fuoriescono da toni cortesi, io l’ho amato da sempre. E l’ho preso spesso da esempio.

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