Il senso di libertà, il viaggio, la fuga, la velocità, la tecnologia, la passione, tutto ciò che fa parte del mondo delle due ruote è protagonista nella mostra “Easy Rider. Il mito della motocicletta come arte” alla Reggia di Venaria fino al 24 febbraio 2019. Gli spazi della Citroniera delle Scuderie ospitano quasi 140 anni di storia della motocicletta, attraverso l’esposizione di oltre 50 modelli iconici come il chopper di “Easy Rider”, simbolo per antonomasia del mondo biker, la Triumph Bonneville che guidava Steve McQueen ne “La Grande Fuga” fino ai bolidi da gran premio come la Yamaha di Valentino Rossi e la Ducati di Casey Stoner.
A rendere unica la mostra è il dialogo con l’arte contemporanea, infatti sono molti gli artisti che hanno subìto il fascino della motocicletta, come Antonio Ligabue che dipinse “Autoritratto in moto” o Mario Merz che realizzò l’installazione “Accelerazione = sogno”. Il connubio musica e motori è testimoniato dal contributo artistico di Paul Simonon, ex bassista dei Clash che, da collezionista appassionato, ha reso omaggio alla due ruote con alcuni dipinti. “Easy Rider. Il mito della motocicletta come arte” ha dato vita a un percorso narrativo a tutto tondo fatto anche di immagini, con contributi fotografici inediti come quelli di Gianni Piacentino “High Speed Memories (1971-1976)” che testimoniano la sua attività nelle corse in sidecar, ma anche still e locandine cinematografiche.
Il percorso espositivo è costituito da 9 sezioni che approfondiscono le diverse sfaccettature del mondo biker: Stile forma e design italiano è un meritato approfondimento sulla nostra industria motociclistica, sulla creatività e sulla ricerca della bellezza che dopo la Seconda guerra mondiale esplodono letteralmente caratterizzando i modelli del tempo; a partire dagli anni Settanta, all’interno del panorama internazionale, si affaccia il Sol Levante, con Honda, Suzuki, Yamaha e Kawasaki che conquistano ben presto gli appassionati di tutto il mondo per l’equilibrio tra qualità dei materiali impiegati e avanguardia tecnologica (Il Giappone e la tecnologia); la sezione intitolata Mal d’Africa rappresenta una parentesi dedicata alle tempeste di sabbia, al caldo opprimente del deserto e a quella voglia implacabile di avventura viaggiando su due ruote per raggiungere il mare del Senegal: la Parigi-Dakar, una delle imprese epiche di fine Novecento; La velocità, uno degli elementi caratterizzanti l’esperienza motociclistica è protagonista dell’omaggio artistico del torinese Gianni Piacentino mentre nella sezione Sì, viaggiare questo stesso concetto diventa libertà di movimento senza limiti e condizioni; London Calling è l’espressione del rombo britannico che gradualmente, negli anni Sessanta, sulle note di Beatles e Rolling Stones, lascia spazio all’entusiasmo nascente per l’automobilismo, lasciando la moto alla nicchia di appassionati; Il mito americano, settima sezione della mostra, è dedicato all’on the road,
dove la ricerca del senso delle cose e la scoperta di se stessi sono al centro di un viaggio scandito da paesaggi straordinari ed emozioni sempre nuove; Terra, fango e libertà è quasi un mantra per tutti i motociclisti che amano il cross, il trial e l’enduro o semplicemente il “fuori strada”, mossi dall’istinto quasi selvaggio e nomade di spingersi oltre il limite; La moto e il cinema è l’ultima sezione espositiva che conclude egregiamente questo viaggio attraverso il mito della due ruote, protagonista di storie a volte comiche (come in “…altrimenti di arrabbiamo” con Bud Spencer e Terence Hill) a volte tragiche (come per i protagonisti di “Easy Rider”).
Fatto sta che la motocicletta, con la sua forza iconica, continua a far sognare (e a far sfrecciare sulle strade) intere generazioni.
Sara Forniz