Un viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta di civiltà indigene, questo è il tema della mostra “Cose d’altri mondi. Raccolte di viaggiatori tra Otto e Novecento” allestita nella sala atelier di Palazzo Madama a Torino. Una grande raccolta di reperti che testimoniano uno dei momenti più importanti della storia umana, una delle tappe fondamentali per la conoscenza del mondo moderno. “La mostra – spiegano le curatrici Maria Paola Ruffino e Paola Savio – riconduce a un’epoca in cui con sguardo positivista si studiavano i mondi lontani dall’Occidente“. Un fascino per l’esotico, quindi, che andò a braccetto con la curiosità dell’avventura coloniale e che spinse intellettuali e collezionisti da tutta Europa alla febbrile ricerca di veri e propri cimeli d’oltre Oceano.
Sono oltre 130 gli oggetti esposti, molti dei quali per la prima volta, grazie alla collaborazione con il Museo Etnografico e di Scienze Naturali Missioni della Consolata di Torino e il Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco.
Il percorso museale è articolato in quattro sezioni:
Africa: Il marchese Ainardo di Cavour, durante l’avventuroso viaggio del 1862 tra Egitto e Sudan, raccolse diverse armi e strumenti musicali. A collezionarli furono anche Tiziano Veggia, costruttore di ferrovie in Congo a inizio Novecento e i Missionari della Consolata, i quali erano in contatto diretto con popolazioni come i nomadi Beja e i Bambara del Mali;
Asia: La collezione è composta da oggetti in avorio intagliato, stoffe e sculture sacre dell’imprenditore Bernardo Scala, che nel 1880 fa rientro dal Myanmar. Particolarmente affascinanti sono i testi buddhisti in lingua Pali. Ad arricchire questa sezione sono anche i manufatti provenienti dalla Corea, donati dal conte Ernesto Filipponi di Mombello: una serie di ventagli in carta di gelso dipinta e un libro che illustra le Cinque Relazioni Umane confuciane.
America: Zaverio Calpini collezzionò numerosi oggetti della cultura precolombiana, dal Messico, infatti, provengono le urne cinerarie zapoteche, le sculture olmeche, gli ornamenti d’oro e gli idoli della cultura Maya, Mixteca e Azteca. In questa sezione sono esposti anche pettorine e pendenti in argente e oro peruviani donati al museo da Giovanni Battista Donalisio. Rimane avvolto da un alone di mistero il donatore della collana di artigli di giaguaro dell’America centrale.
Oceania: La collezione degli oltre 200 oggetti, donata dall’avvocato e pittore Ernesto Bertea, proviene dalle isole della Polinesia e Salomone. Egli non viaggiò mai verso queste mete lontane e forse acquistò i manufatti a Londra: lance, clave rompitesta, pagaie cerimoniali dipinte e intagliate sono solo alcuni degli oggetti esposti in questa sezione conclusiva.
Manufatti che in certi casi sembrano frutto di un immaginario fantasy o persino extraterrestre, data la loro bizzarria. Altri mostrano uno straordinario parallelismo con la cultura pop contemporanea tra piercing e tatuaggi: dagli stampi in terracotta per la decorazione del corpo ai rocchetti in ossidiana per la dilatazione dei lobi usati dalle civilità precolombiane, ad esempio. Tutte testimonianze tangibili e ben conservate dell’evoluzione di culture lontane che, nonostante la minaccia occidentale, sopravvivono e affascinano ancora oggi.
La mostra resterà aperta al pubblico fino all’11 settembre 2017.
Sara Forniz