Un inaspettato Damien Hirst a Palazzo Grassi e Punta della Dogana

In questi ultimi mesi c’è stato una gran segreto relativamente l’esposizione di Damien Hirst a Venezia. Fotografie mascherate, informazioni generiche e dettagli svelati solo in parte per lasciare la giusta suspance a chi sarebbe andato a vedere il nuovo lavoro dell’artista contemporaneo inglese. La mostra, curata da Elena Geuna ed allestita in quattro mesi, è stata aperta al pubblico domenica 9 aprile 2017 e segnerà una nuova tappa nella storia di Palazzo Grassi e Punta della Dogana. Una nuova tappa perché, per la prima volta, le due sedi veneziane della Collezione Pinault, sono interamente affidate ad un singolo artista. Che questo sia un progetto ambizioso per Hirst, lo si capisce anche dalla scelta della data: un mese prima della Biennale di Venezia (13 maggio – 26 novembre), una delle più importanti mostre d’arte collettive al mondo.

Dopo la retrospettiva del 2004 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Hirst approda a Venezia con la mostra: Treasures from the Wreck of the Unbelievable”L’artista inglese, nato nel 1965, considerato un rivoluzionario nell’ambito dell’arte contemporanea, tenta di tornare nuovamente al centro dell’attenzione del mondo dell’arte. Questo progetto rappresenta il coronamento del rapporto tra l’artista e la Collezione Pinault nato diversi anni fa. I lavori di Hirst erano infatti già stati presentati due volte a Palazzo Grassi: la prima volta nel 2006 in occasione della mostra inaugurale “Where Are We Going?” e una seconda volta nel 2007 con l’esposizione “Una selezione Post-Pop”.

L’opera che più colpisce è una gigantesca statua di bronzo, decapitata, posizionata all’ingresso nel cortile interno di Palazzo Grassi. La mostra espone inoltre una serie di oggetti recuperati al largo della costa orientale dell’Africa nel 2008. In quell’anno, vene scoperto un vasto sito con il relitto di una nave naufragata dove Hirst si interessò finanziariamente sostenendo a livello economico le delicate operazioni di recupero e di restauro. Gli oggetti esposti a Palazzo Grassi e Punta della Dogana, sono stati realizzati da Hirst ed i suoi collaboratori, mescolando il bronzo, l’oro, l’acciaio e i LED. Vi sono busti di divinità egizie, greche e induiste, contrapposte a statue di Topolino, Pippo, modellini dei Transformers, l’orso Baloo e due autoritratti di Hirst.

La mostra propone il recupero dei tesori attraverso video, fotografie e didascalie anche se resta comunque il dubbio di comprendere quanti siano gli oggetti che Hirst ha effettivamente fatto affondare e poi recuperato, e quanti invece provengano dalle fonderie dal suo laboratorio in Inghilterra. Sembra che l’artista inglese, in questo suo immenso ed inaspettato lavoro, abbia voluto mescolare stili e confondere le idee degli spettatori facendoli immergere in diversi spazi temporali.  La mostra, che si potrà visitare fino al 3 Dicembre 2017, risulta essere un gioco, una metafora, un modo per spiazzare e rendere tutto confondibile.

 

Martina Dell’Osbel

 

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