Antonio Ligabue a Pavia: la crudezza della vita tra animali selvatici e autoritratti

Alle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia, fino al 18 giugno 2017, è in mostra Antonio Ligabue, uno degli artisti più originali del Novecento. Nato a Zurigo nel 1899 vive fin dalla tenera età una vita tormentata. Espulso dalla Svizzera, nel 1919 giunge a Gualtieri, una cittadina in provincia di Reggio Emilia, dove contrinuerà a condurre una vita all’insegna dell’emarginazione e della solitudine, cercando di mantersi con il mestiere di scariolante lungo le rive del Po. Le sue doti nel disegno emergono già durante il periodo scolastico e si evolveranno con la pittura alla fine degli anni Venti. Nel 1961, con un’esposizione alla Galleria La Barcaccia di Roma, scoppia “il caso Ligabue”: dopo anni in cui la sua attività artistica veniva derisa e sminuita per via dell’instabilità psichica, arriva la consacrazione nazionale, dato il forte interesse per la sua produzione da parte di collezionisti e critici d’arte.

“L’opera di Ligabue – spiega Sandro Parmiggiani, uno dei curatori della mostra – ha finito per essere in parte oscurata dal “racconto” della sua vita, assolutamente eccezionale nella tragicità e nella sofferenza. Tuttavia, se la tormentata esistenza dell’artista ha contribuito, almeno all’inizio e per un certo periodo, a gettare un’aura di leggenda sull’opera, alla fine questa sorta di fardello dell’uomo Ligabue ha ripreso il sopravvento: le ragioni dell’esperienza esistenziale sono sembrate inesorabilmente prevalenti rispetto a quelle artistiche. Ci si è dunque proposti di fare il percorso inverso: non dalla vita all’opera, ma dall’opera alla vita.

La mostra è articolata secondo due filoni: gli animali e i ritratti di sé. All’interno della prima sezione si possono ammirare alcuni tra i capolavori più celebri, da Tigre reale, realizzato durante la degenza dell’artista nell’Ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia, fino a Lepre nel paesaggioLeopardo che assale un cigno. I soggetti protagonisti dell’opera di Ligabue sono gli animali domestici tipici del mondo agreste e bucolico della Bassa reggiana, al quale si ispirava durante le sessioni di pittura en plein air: polli, cinghiali, volpi, cavalli vengono immortalati in un dinamismo selvaggio, incontrollabile. Anche gli animali della giungla, come tigri, leoni e gorilla, sprigionano tutta la loro ferocia e in alcuni momenti, in attesa di piombare sulla preda come immortalati da uno scatto fotografico, trasmettono una tensione quasi esasperata, resa particolarmente intensa dal crudo realismo delle composizioni.

Tra le opere della seconda sezione, invece, troviamo Autoritratto del 1957 e Autoritratto con berretto da motociclista. In questi autoritratti emerge prepotentemente l’amarezza della vicenda personale di Ligabue, impressa nelle fattezze del volto e dello sguardo. Una sofferenza che lo porterà al progressivo allontanamento dalla realtà, dai contatti umani, lasciando spazio al suo mondo interiore.

È la crudezza della vita che prende le sembianze animali e umane, spogliata da qualsiasi filtro.

 

Sara Forniz

One thought on “Antonio Ligabue a Pavia: la crudezza della vita tra animali selvatici e autoritratti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

RSS
Follow by Email